Repubblica Democratica del Congo – Vivere il confinamento a Bukavu

01 Aprile 2020
Foto d’archivio

(ANS – Bukavu) – “Per il momento, la situazione nella Repubblica Democratica del Congo è meno tragica che in Europa”. Con queste parole don Piero Gavioli, salesiano missionario italiano, inizia a descrivere il contesto attuale nel Paese che serve da oltre 35 anni. E tuttavia bisogna lo stesso stare attenti: già si sono registrati una cinquantina di casi di Covid-19 nella capitale, con 5 o 6 morti, e nella stessa Bukavu, dove opera don Gavioli, ne sono stati riscontrati due. “Ci stiamo preparando al peggio, mentre preghiamo e speriamo che il peggio non accada” prosegue il salesiano.

Attualmente scuole, chiese, mercati, frontiere sono chiusi, tutti gli incontri di più persone sono vietati, tutti sono invitati a rimanere in casa e ad uscire solo per le cose essenziali. Gli stessi atteggiamenti e gesti precauzionali consigliati in ogni parte del mondo (lavarsi spesso le mani con sapone, mantenere le distanze di prudenza, non toccarsi bocca, naso, occhi, ecc.) vengono promossi e adottati in maniera di essere pronti.

I salesiani a Bukavu, dopo la scoperta dei due casi positivi a COVID-19 nella loro città, hanno “radicalizzato il confinamento” e sospeso le poche attività ancora in corso presso il Centro Don Bosco. Quindi, oltre alla scuola – che era già chiusa da giorni – hanno fermato definitivamente i laboratori, che prima lavorano al rallentatore, mentre i ragazzi internisti ospiti del centro erano già tornati in famiglia (tranne quelli che vivono lontano o che non hanno una famiglia pronta ad accoglierli). Anche la Messa, pure quella domenicale, viene celebrata solo nella stretta intimità.

“Ma la nostra preghiera è sempre più universale, man mano che ci arrivano notizie di persone che sono state contaminate o sono morte – prosegue don Gavioli –. Dal 15 al 24 marzo abbiamo pregato una novena a Maria Ausiliatrice in comunione con l’intera famiglia salesiana. La sera del 27 marzo ci siamo uniti, in diretta, grazie a Vatican Media, alla preghiera solitaria e solidale di Papa Francesco. Chiediamo, per noi e per tutti, che la misericordia di Dio ci protegga da ogni pericolo del corpo e dello spirito e che ci dia pace nel cuore. Come dice una antifona della festa del Sacro Cuore, crediamo che il Signore ci porta nelle sue braccia, ci tiene sul suo cuore, si ricorda del suo amore”.

Il pensiero dei salesiani, però, non può fermarsi alle loro opere e nemmeno ai loro soli diretti destinatari. “Ci sono migliaia di famiglie attorno a noi che vivono giorno per giorno, che mangiano la sera perché la madre ha potuto vendere qualcosa al mercato. Se chiudono i mercati, come daranno da mangiare ai loro figli? E se li lascia aperti, la malattia si diffonderà. Queste madri si trovano di fronte a una tragica scelta: morire di coronavirus o morire di fame” prosegue don Gavioli.

Le stesse autorità si stanno ancora confrontando sul da farsi: il Coordinatore nazionale della cellula di risposta al coronavirus, dottor Jean-Jacques Muyembe, ha affermato che il confinamento della capitale “non è un obbligo”, perché “si deve anche tener conto dell’aspetto sociale. Molte persone vivono giorno per giorno e devono uscire per guadagnare il loro reddito giornaliero”.

Conclude la sua lettera don Gavioli: “So che in Italia la situazione sanitaria ed economica è molto problematica. Ma è bene ricordare che ci sono fratelli e sorelle che vivono in situazioni molto più difficili e tragiche. Il Covid-19 ci obbliga alla solidarietà globale. L’ideale umano e cristiano è ben definito da San Paolo: ‘Non si tratta di ridursi in miseria per aiutare gli altri, ma di stabilire l’uguaglianza’ (2 Cor 8,13)”.

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