Ecuador – Don Rubinsky Sánchez, SDB, e il suo impegno per combattere la fame

25 Settembre 2020

(ANS – Machala) – Nel diario di don Rubinsky Sánchez la data del 12 marzo è cerchiata in rosso: da quel giorno la vita di questo sacerdote salesiano e della comunità di Machala ha subito una svolta senza precedenti. Non era più possibile stare vicino ai parrocchiani o accompagnare i bambini nel cortile. La disposizione era chiara: restare a casa per non contrarre il coronavirus.

I primi giorni di quel periodo li descrive come tratti da un “film dell’orrore”: tra la popolazione serpeggiavano nervosismo e panico, cibo e medicinali iniziavano a scarseggiare e il confinamento obbligatorio aggravava la condizione di chi era già povero. “Se non ci uccide il coronavirus, lo farà la fame” era quello che dicevano i bisognosi a questo salesiano.

Sul finire del mese, ha visto una luce in fondo al tunnel. Una chiamata al cellulare gli rivela: “Padre, voglio aiutare la sua parrocchia perché lei e i salesiani fate un lavoro meraviglioso tra la gente”. Fu un’enorme emozione, perché questo benefattore si era impegnato a donare 500 kit alimentari, con cui don Sánchez poteva finalmente fare qualcosa per chi necessitava di aiuto.

Eppure, “Cosa facciamo adesso?”, si è chiesto subito dopo. Chiamare la gente alla parrocchia o alla comunità avrebbe creato assembramenti. Alla fine, sull’esempio di Gesù e di Don Bosco, con la comunità ha deciso di andare incontro ai più bisognosi, nonostante le notizie che arrivano parlassero di contagi e anche vittime per Covid-19.

“Sono di quelli che salgono sul furgone e vanno a dare una mano alla gente. Non cerco la morte, non cerco il contagio, ma non mi piace stare rinchiuso dietro la scrivania”, ha spiegato il salesiano, che aveva vissuto una situazione simile nell’aprile del 2016.

A quel tempo era parroco a Manta e sperimentò in prima persona la distruzione e la morte che provoca un terremoto. Anche all’epoca aveva fatto lo stesso: era uscito a conversare con le famiglie che dormivano per strada e dava loro dei buoni per ricevere il cibo. Questa esperienza è stata preziosa per sapere come canalizzare correttamente le donazioni ricevute.

Convinto pertanto di dover testimoniare l’amore di Dio a chi soffre, insieme a don José Luis García e a un gruppo di laici e giovani, ha dato vita ad un gruppo di persone in prima linea per aiutare e accompagnare centinaia di famiglie. Protetti da guanti, visiere e mascherine, consegnavano kit alimentari ai settori più poveri serviti dalla missione salesiana: Nuevo Pilo, Venezuela, Voluntad de Dios, El Bosque, Alcides Pesántez e Rayito de Luz. In 20 giorni hanno visitato questi quartieri dove hanno distribuito prima 500 kit di cibo e poi altri 1.000, che hanno raggiunto in seguito la comunità.

“Arrivavo, bussavo alla porta, parlavo con loro e conoscevo la loro situazione, prima di dar loro il cibo. Non potete immaginare l’eccitazione che avevano, alcuni hanno persino ballato per la gioia perché non avevano più niente da mangiare. Ma non ho solo dato loro qualcosa da portare a tavola, ho anche condiviso una parola di incoraggiamento perché non perdessero la speranza in giorni migliori”, racconta il salesiano.

Poi è arrivato anche l’aiuto di “Misión Don Bosco” ed è uscito di nuovo per consegnare dei ticket da 60 dollari, in modo che le famiglie potessero comprare il cibo nei supermercati. Sono stati distribuiti oltre 600 ticket e questo aiuto continua ancora oggi, attraverso la campagna “Por el pan de cada día” (Per il pane quotidiano).

Durante questo servizio ha incontrato situazioni davvero difficili, come quella volta che ha bussato ad una casa dove tutti e quattro i componenti della famiglia erano disabili e non potevano muoversi da soli. Così è andato al supermercato, ha fatto la spesa per loro e ha distribuito personalmente le buste di cibo con i generi di prima necessità.

Attraverso la sua mediazione è stata anche diffusa una donazione di 27.000 litri di latte da parte di un’azienda della città, con la parrocchia salesiana che ha fatto da centro di raccolta.

Nonostante sia in contatto permanente con diverse persone, don Sánchez non ha contratto il virus. Ha fatto tre volte il test, sempre negativo. E chi ringrazia per questa protezione? Beh, lui non esita a dire che è stato il mantello protettivo di Maria Ausiliatrice a salvaguardarlo, e infatti ha posto una sua immagine sulla porta d’ingresso della comunità.

Don Sánchez ritiene che la sfida principale dei tempi attuali sia quella di continuare a stare con la gente, di continuare ad essere una luce per chi ha perso la speranza, di essere una presenza animatrice come comunità salesiane.

E considera questa situazione una tappa che gli ha permesso di rafforzare la sua vocazione di servizio e di ringraziare Dio per il dono della vita e l’opportunità di continuare a dimostrare il suo amore per i bisognosi.

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