Guatemala – La tempesta Eta, la furia della natura

19 Novembre 2020

(ANS - San Pedro Carchá) – “È stata una combinazione terribilmente perfetta. Il virus, quello che cambia nome, coronavirus o Covid-19, ci ha messo all’angolo da tempo. Poi su di noi si è abbattuto il diluvio, non universale, ma sì, devastante”. Così inizia la testimonianza di don Heriberto Herrera, salesianom Direttore delle Missioni Salesiane in Guatemala.

Nemmeno gli anziani avevano mai vissuto un tale scandaloso spreco di acqua. In pochi giorni il panorama è cambiato: acqua e ancora acqua, sopra, sotto e in mezzo. E ha continuato a piovere senza freni, quasi con entusiasmo.

La situazione è cominciata ad ingrigirsi quando sono apparse le immagini e le storie di quella che era già una tragedia mai vista prima da queste parti. Frane, lagune che spuntano dal nulla, tetti a livello dell’acqua, strade e sentieri ostruiti. Uomini, donne e bambini affollati insieme in spazi provvisori e provvidenziali. Video drammatici, foto strazianti, notizie allarmanti ci hanno aiutato a percepire la portata del disastro.

E poi è emersa la bontà innata del cuore umano. Un’ondata di aiuti d’emergenza ha iniziato ad apparire come per magia. Salvare vite umane, sgombrare strade, mobilitare risorse di emergenza. Ecco la dimensione toccante di questo essere umano apparentemente insensibile.

In poco tempo hanno preso a scorrere tutti i tipi di risorse: cibo, vestiti, medicine, denaro. In quantità sorprendenti. E insieme volontari disposti a sfidare il freddo e la pioggia per dare una mano urgente.

Il nostro piccolo e grande mondo salesiano di Carchá ha avuto la sfortuna di trovarsi nell’epicentro della tempesta. I nostri 300 villaggi o comunità rurali sono stati colpiti dal disastro. Alcuni hanno subito gravi danni: case crollate, raccolti in rovina, strade inaccessibili. E la fame, perché nulla è stato risparmiato delle case. Gli altri sono stati colpiti più o meno gravemente.

La solidarietà salesiana comincia a farsi sentire. In pochi giorni il nostro centro di Chibajché ha iniziato a ricevere camion pieni di aiuti di ogni tipo. Coraggiosi volontari hanno ordinato e impacchettato queste preziose risorse, che sono state poi inviate in pick-up alle comunità raggiungibili.

Il nostro secondo centro di missione, Campur, a cinquanta chilometri da Carchá, si è rivelato essere uno dei luoghi più danneggiati del Paese. In breve tempo il villaggio si è trasformato in una profonda laguna. Così profonda da coprire completamente la nostra chiesa e parte della casa salesiana. Il villaggio, essendo piccolo, è un luogo di mercato dove le case e le imprese sono raccolte in un disordine edilizio che rasenta il caos. Molte case sono sommerse, altre sono state invase dall’acqua, e in alcuni casi questo liquido sporco ha distrutto la merce. Tutta la popolazione è fuggita per paura che la piccola collina accanto crollasse sopra il villaggio.

Don José María Seas, salesiano, è il parroco di Campur. Ha vissuto la tragedia sulla sua pelle. Come improvvisato giornalista ha registrato video scioccanti, narrati con una voce così drammatica che Campur è diventato una notizia nazionale e internazionale. Il risultato: l’aiuto immediato a Campur è inarrestabile, sia da parte del governo che delle comunità vicine e lontane.

Mentre vi scrivo sta arrivando Iota, la sorella gemella di Eta (NdT: l’uragano Iota ha in effetti raggiunto il Guatemala il 17 novembre). Solo questo ci mancava. Alcuni dicono sia un uragano di grado 5, altri di grado 1. La realtà è che non vogliamo più acqua, né danni.

La volontà comune è quella di rimboccarci le maniche e ricostruire questo angolo di Guatemala abitato da gente povera, pacifica e laboriosa.

InfoANS

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