Italia – Il Rettor Maggiore in venerazione del Cuore di San Francesco di Sales

13 Giugno 2022

(ANS – Moncalieri) – In occasione del 400° anniversario della morte di San Francesco di Sales (1622-2022), la Federazione della Visitazione Italia nord – appartenente all’Ordine della Visitazione di Santa Maria, Istituto religioso di Diritto Pontificio fondato da San Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca di Chantal – ha promosso una peregrinazione della reliquia del cuore del santo savoiardo nei monasteri della Federazione. È grazie a questa significativa iniziativa che il prossimo 17 giugno Don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana, insieme con alcuni membri del suo Consiglio, avrà l’opportunità di concelebrare un’Eucaristia in onore del patrono dei salesiani e di venerarne la reliquia nel monastero della Visitazione di Moncalieri, non lontano da Torino.

La reliquia di san Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra, custodita in un prezioso reliquiario, farà tappa a Moncalieri per due giorni, proveniente da Pinerolo. Solitamente ospitata presso il monastero della Visitazione di Treviso, verrà accolta al mattino di giovedì 16 dal salesiano don Gianni Ghiglione, biografo di san Francesco di Sales; alle 18 don Michele Molinar, Vicario della Circoscrizione Speciale dei salesiani del Piemonte e della Val d’Aosta, guiderà nella chiesa del monastero un incontro di riflessione e preghiera con i religiosi e le religiose. Alle 20:30 mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo emerito di Torino, presiederà la Messa.

L’indomani, il 17 giungo, dalle 9 alle 11.30 la chiesa del monastero rimarrà aperta per la venerazione della reliquia; poi, in serata, alle 20:30 il Rettor Maggiore del Salesiani, don Ángel Fernández Artime, presiederà la concelebrazione eucaristica in memoria della scelta di Don Bosco di porre sotto la protezione di san Francesco di Sales i suoi figli. Alle prime ore di sabato 18, dopo una Messa conclusiva di questa tappa della peregrinazione, la reliquia proseguirà il suo percorso verso il monastero di Genova-Quinto, ultima tappa prima di fare ritorno a Treviso.

“Era il 28 dicembre 1622 quando Francesco di Sales moriva a Lione – spiega suor Mariagrazia Franceschini, dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria (le cosiddette suore Visitandine), studiosa della spiritualità del fondatore –. Poco prima, nel parlatorio del monastero, salutando le monache aveva detto loro: ‘Vi porto tutte nel mio cuore e ve lo lascio come pegno della mia amicizia’. Queste parole furono prese alla lettera al momento delle operazioni successive alla morte seguite per imbalsamare il corpo: il cuore (con altri organi, secondo l’uso del tempo), fu estratto e portato con ogni rispetto alla Visitazione che da quel momento lo conservò come il tesoro più caro. Per più di un secolo alla fine di gennaio la reliquia veniva esposta solennemente alla pubblica venerazione nella chiesa del monastero e attirava folle numerose, soprattutto per i miracoli che avvenivano al suo contatto. Il più famoso: quello della guarigione di Luigi XIII re di Francia che in segno di riconoscenza donò un prezioso reliquiario d’oro per la custodia del cuore che restava incorrotto”.

Vennero poi gli anni della Rivoluzione francese e le monache andarono in esilio per scampare alla persecuzione e salvare la reliquia di cui si sentivano responsabili per tutto l’Ordine. Mantova, poi varie tappe in Tirolo e anche in Boemia, quindi, nel 1801, Venezia, dove la reliquia rimase fino al 1913, prima di raggiungere Treviso, località indicata da Papa Pio X, che in qualità di Patriarca di Venezia aveva maturato una profonda devozione verso San Francesco di Sales.

Perché oggi ha senso venerare la reliquia di un santo? Risponde ancora suor Franceschini: “Nel contesto della comunione dei santi e alla luce di misteri dell’incarnazione e della Pasqua del Signore trova la sua collocazione la venerazione delle reliquie dei santi. Le veneriamo innanzitutto perché ‘furono un tempo vive membra di Cristo, tempio dello Spirito Santo, destinate alla gloriosa risurrezione’ come disse san Paolo VI”.

Fonte: La Voce e Il tempo

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