Il testo – che non poteva non rimandare più volta anche a San Francesco di Sales, modello di pastore per Don Bosco e lui stesso legato alla diffusione del culto al Cuore di Gesù – si apre con un’ardente esaltazione dell’Eucaristia e con la citazione, tratta proprio dal vescovo ginevrino, di Eucaristia come “Amore degli Amori”, il maggior dono ricevuto dall’umanità, superiore persino agli atti più nobili compiuti da Gesù nella sua vita terrena.
L’autore sottolinea come Cristo stesso, prima di istituire il Sacramento, abbia voluto prepararne la comprensione attraverso la moltiplicazione dei pani e un discorso pronunciato nella sinagoga di Cafarnao: e questo perché tutta la vita di Gesù, spiega, tende a questo gesto culminante di amore, in cui egli si dona interamente all’umanità.
Lamentando poi – già a fine XIX secolo! – che molti cristiani si vanno allontanando dalla frequenza alla Comunione, che invece è l’anima stessa del Cristianesimo, l’autore dell’articolo cita poi Don Bosco e richiama in un certo senso il Sogno delle due Colonne, per ribadire che “non c’è vero cattolicesimo senza la Madonna e l’Eucaristia”: ecco dunque ribaditi in colpo solo Maria come madre della fede e l’Eucaristia come suo compimento.
La devozione al Sacro Cuore di Gesù viene presentata come via privilegiata per rinnovare l’amore, la fede nel Sacramento dell’Eucaristia e in generale per rilanciare complessivamente la vita cristiana e la vita in generale. “Vogliamo noi infondere a questa società debole e fiacca un principio di forza, di virtù e di valore? (…) Promuoviamo e pratichiamo con ardore la divozione al Sacro Cuore di Gesù!” è scritto con incisività.
Osservando, poi, come la devozione al Cuore di Gesù e all’Eucaristia sia viatico sicuro di crescita nella fede e nella santità di vita, ritorna San Francesco di Sales come esempio, poiché trasmise alle sue “Visitandine” – le religiose dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria, da lui fondato – una profonda venerazione per l’Eucaristia, consapevole che attraverso di essa Dio dimora “famigliarmente ed intimamente con noi” e perfeziona l’essere umano.
Anche la Chiesa, viene aggiunto ancora, riconosce il legame tra l’Eucaristia e la devozione al Sacro Cuore, tanto che, nel concedere l’approvazione liturgica alla relativa festa, la Santa Sede dichiarò esplicitamente che essa serviva a far risplendere l’amore di Cristo manifestato nel sacrificio e nel Sacramento.
Da ultimo, portando anche in questa circostanza la riflessione, dalle più alte vette teologiche alla reale concretezza dei bisogni e delle necessità pratiche per il lavoro pastorale, Don Bosco invita ancora una volta a sostenere l’erezione della chiesa del Sacro Cuore a Roma, affinché diventi cuore pulsante di questa devozione in tutta la Chiesa.
Particolare degno di nota è che in quest’articolo di aprile 1886, l’autore aggiunge all’appello in favore dell’edificio sacro anche quello per l’ospizio per i giovani, sottolineando come il quartiere Esquilino in cui sarebbero sorti chiesa e ospizio fosse abitato da tanti giovani senza guida; e aggiungendo anche che, là dove un tempo sorgevano i templi pagani, era giunto il tempo di erigere un istituto cristiano che formasse “sentinelle destinate a vegliare per la gloria del vero Dio e a salute delle anime”.
Il testo completo dell’articolo scritto per il Bollettino Salesiano del 1886 è disponibile nella versione originale dell’italiano dell’epoca, a fondo pagina.