La conclusione di questo percorso di trasformazione è stata incentrata sulla Parola di Dio, con le riflessioni del Rettor Maggiore sulla parabola del seminatore, proposte all’interno dell’omelia. Le sue parole hanno offerto una sintesi profonda dell’esperienza e una tabella di marcia per un autentico accompagnamento cristiano. La riflessione del Rettor Maggiore si è concentrata su tre verbi chiave della parabola del seminatore: ascoltare, accogliere e custodire.
Ascoltare: il primo passo
Ascoltare, ha sottolineato il Rettor Maggiore, è più che semplicemente sentire. È la decisione intenzionale di creare spazio per la Parola e di stabilire una relazione con essa. Egli ha affermato: “Ascoltare significa permettere alla Parola di diventare un interlocutore, un diá-logos”. Senza questo ascolto attento, il seme della Parola rischia di essere rubato dalla distrazione, dalla frenesia o dall’indifferenza. Il vero accompagnamento inizia, dunque, con questa apertura ad ascoltare profondamente.
Accogliere: la Parola
Accogliere la Parola significa permetterLe di mettere radici nella propria vita. La Parola non è solo un’idea o un suono; è una Persona: Gesù Cristo, il Verbo fatto carne. Accogliere la Parola significa accogliere Cristo nella propria vita come si accoglierebbe un ospite prezioso nella propria casa. Quest’atto di accoglienza riflette una maturità che riconosce di essere amati da Gesù e, a sua volta, gli permette di dimorare in noi.
Custodire: nutrire la Parola
Custodire la Parola assicura che la presenza di Cristo non sia statica, ma dinamica, portando frutto in noi e attraverso di noi. La grazia richiede la collaborazione attiva e la crescita richiede uno sforzo costante. Il Rettor Maggiore ha ricordato ai partecipanti che l’accompagnamento non è un insieme di tecniche, ma un percorso personale di fedeltà a queste tre azioni: ascoltare profondamente, accogliere sinceramente e custodire con gioia.
Il terreno del cuore e l’ambiente per la crescita
Oltre ai tre verbi, il Rettor Maggiore ha sottolineato due condizioni essenziali per la crescita della Parola: il terreno del cuore e l’ambiente che coltiviamo.
Il terreno del cuore: la libertà interiore plasma il terreno del cuore. Facendo eco a Edith Stein, il Rettor Maggiore ha affermato: “Dio si ferma davanti alla libertà della persona”. La fecondità della Parola dipende dalle scelte, dagli atteggiamenti e dalle disposizioni che vengono coltivate. L’ambiente: gli ambienti di vita e di accompagnamento altri devono essere attentamente esaminati. Sono spazi che promuovono la vita, la libertà e la crescita? Oppure sono tossici e soffocanti? Un accompagnamento autentico richiede la creazione di ambienti in cui i giovani possano prosperare e respirare liberamente.
Autenticità, piuttosto che perfezione
Il Rettor Maggiore ha concluso con un potente monito: i giovani di oggi non cercano la perfezione, ma l’autenticità. I giovani desiderano educatori, pastori e guide che abbiano prima ascoltato la Parola liberatrice, l’abbiano accolta nella loro vita e l’abbiano coltivata nella libertà. Solo testimoni così autentici possono ispirare una crescita significativa nei giovani.
Un invito all’accompagnamento autentico
Questo messaggio ha trovato profonda risonanza nei partecipanti alla Scuola di Accompagnamento. Nel corso delle settimane di lavori, hanno scoperto che il vero accompagnamento non riguarda metodi o tecniche, ma il diventare testimoni viventi, individui che coltivano cuori liberi, creano ambienti sani e camminano accanto ai giovani con credibilità e speranza.
La parabola del seminatore, proclamata alla conclusione della Scuola, è diventata così un invito a tutti: coltivare il terreno della propria vita interiore, purificare gli ambienti in cui si vive e accompagnare gli altri con autenticità. È un invito a continuare la missione di Don Bosco con rinnovata energia, assicurando che i giovani incontrino non solo educatori, ma discepoli che incarnano il potere liberatorio della Parola.
Con il cuore radicato nella Parola – ascoltata, accolta e custodita con cura – la missione di accompagnamento non è più un dovere, ma una gioia profonda. Diventa una collaborazione con la grazia di Dio, che aiuta il seme della Parola a portare frutto cento volte tanto.
