Al Santuario Nazionale di “Nostra Signora di Ta’ Pinu”, è stato recitato un Rosario in spirito di contemplazione, con l’intenzione principale di pregare per la pace nel mondo. Nella sua riflessione, don Attard ha parlato del Santuario come della “speranza del popolo maltese, un luogo di miracoli nel silenzio”. Le sue parole hanno rivelato una tenera intimità: “Sono venuto per incontrare mia Madre e l’ho trovata ad aspettarmi. Sono venuto per parlare con mia Madre e l’ho trovata ad ascoltarmi. Sono uscito e l’ho trovata ad accompagnarmi”. In questo santuario mariano, ha affidato ancora una volta la sua missione e la Famiglia Salesiana alla cura della Madonna.
Nella Cattedrale di Gozo ha rinnovato la sua professione religiosa, un momento di profonda gratitudine e di rinnovato impegno. Ripensando ai suoi anni da seminarista, ha ricordato: “Qui ho trovato sacerdoti che hanno creduto in me e mi hanno guidato. A loro sono eternamente grato”. Ha riconosciuto che è solo attraverso la presenza di Maria che può sostenere il peso del suo nuovo ruolo nella Chiesa: la sua intercessione, ha detto, è stata la sua forza.
La giornata – e in effetti l’intera visita – si è conclusa nella Basilica di San Giorgio, la parrocchia di origine del Rettor Maggiore. Lì, durante la celebrazione dei Vespri, ha reso grazie per la formazione spirituale e pastorale ricevuta e per le numerose guide e mentori che hanno alimentato la sua vocazione salesiana, anche quando lui resisteva alla chiamata.
Riflettendo sul Vangelo del giorno, ha posto ai fedeli le sue caratteristiche domande, semplici ma profonde: “Che tipo di servitori siamo? Teniamo lo sguardo fisso sul Signore per poter servire gli altri? Amiamo i giovani che serviamo, invece di criticarli?”.
Presentando Don Bosco come un uomo profondamente radicato in Dio, ha concluso con un appello ai suoi confratelli: essere servitori “che non solo attendono di ascoltare Dio, ma cercano attivamente l’ascolto di Dio; che non solo parlano di Dio, ma parlano a Dio”.
Al termine della visita, il tono non era quello di un addio, ma di un rinnovamento. In quattro giorni, il ritorno di Don Fabio Attard nella sua terra natale è diventato un pellegrinaggio attraverso la memoria e la missione, dalle scuole e dagli oratori dei giovani ai santuari della fede e alle tavole della fraternità. Ciò che è emerso con maggiore chiarezza è stato uno spirito di gratitudine e di servizio: un richiamo al fatto che il cuore salesiano batte ovunque la fede sia vissuta come incontro, dove la comunità diventa famiglia e dove l’amore per i giovani rimane la via più sicura verso Dio.
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