Turchia – La calda accoglienza dei Salesiani ai rifugiati

30 Ottobre 2017

(ANS – Istanbul) – La presenza dei Salesiani di Istanbul, città strategica tra Europa e Asia, negli ultimi anni ha messo in luce l’accoglienza offerta ai migranti e ai rifugiati. I Figli di Don Bosco servono molti minori, tra i 5 e i 16 anni, ma ci sono anche i maggiorenni che devono lasciare la scuola per aiutare le loro famiglie con un il lavoro. La ricerca di una vita migliore è il denominatore comune a tutti loro.

Il Salesiano Andrés Calleja ha trascorso 35 anni nei paesi di missione, tra Filippine, Indonesia e Turchia. In quest’ultimo paese i cattolici rappresentano solo lo 0,02% della popolazione e non raggiungono le 15.000 unità. L’unica presenza salesiana è quella di Istanbul, dove i Salesiani si sono adattati alle circostanze. “Siamo cinque Salesiani, due piuttosto anziani e il resto praticamente nuovi arrivati, però ci siamo impegnati a parlare turco e a coltivare le vocazioni turche. Lavoriamo presso la Cattedrale, che è cattolica, e che ci hanno affidato 25 anni fa. Lì celebriamo la messa in quattro lingue: aramaico, inglese, francese e turco”, spiega don Calleja.

La situazione attuale è molto complicata perché non tutti i rifugiati fuggono per la stessa ragione, non tutti sono dello stesso gruppo, non tutti i bambini sono soli… Il campo d’azione dei Salesiani si concentra sulle famiglie cristiane provenienti dalla Siria e dall’Iraq, ma ci sono anche quelle Pakistani, Nigeriani, Kazaki, Iraniani… I Salesiani non rifiutano nessuno di chi bussa alla loro porta, ma non possono andare direttamente alla ricerca, per evitare accuse di proselitismo.

Papa Francesco, nel suo viaggio in Turchia nel dicembre 2014, si è interessato a questo servizio e ha voluto trascorre un po’ di tempo con alcuni di questi minori rifugiati, sottolineando l’accoglienza dei Figli di Don Bosco.

A Istanbul c’è una scuola molto speciale per i bambini delle famiglie dei rifugiati: “Arrivano senza nulla. Tutti passano attraverso gli uffici dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, per ottenere lo status di rifugiati politici e devono cercarsi da sopravvivere, dove lavorare… Portiamo avanti questo programma da 25 anni. Accogliamo i bambini nelle parrocchie con attività salesiane e vogliamo che parlino inglese perché è la loro speranza per il futuro quando poi se ne vanno in Australia o in Canada. Restano con noi per un anno o due, al massimo tre, e siamo riusciti a creare un’atmosfera accogliente in cui si sentono a proprio agio, nonostante i traumi che portano e la violenza che hanno visto. Noi li aiutiamo in ogni modo: spirituale, materiale, educativo, psicologico ed economico” spiega Andrés Calleja.

I Salesiani dirigono anche un’altra scuola “che venne costruita 110 anni fa e in cui tutti gli studenti sono musulmani. Siamo proprietari, ma non possiamo insegnare, avere attività pastorali o parlare di religione... Ma nessuno ci proibisce di sorridere, di essere gentili, di essere presenti, di salutare... Manifestiamo chiaramente che siamo Salesiani e la reazione è molto positiva” conclude il missionario.

Fonte: Misiones Salesianas

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