Presentazione Libri

La grande sfida nel contesto della postmodernità e della crisi antropologica che la caratterizza richiede una riflessione etica profonda. Nessuna sopravvivenza del nostro pianeta può verificarsi senza un ethos globale. I valori propri dell’animazione-formazione vocazionale hanno un rapporto fondante con la fede cristiana, ma riconoscono anche il valore umanizzante di numerosi documenti internazionali come punti di riferimento fondanti il diritto internazionale che possono rinforzare la nostra visione etica del mondo e della vita.

Vera Grita (1923-1969), insegnante e salesiana cooperatrice, fu chiamata dal Signore a essere nella Famiglia Salesiana e nella Chiesa “voce” di Gesù Eucaristia che, attraverso il dono delle locuzioni interiori, le dettava l’“Opera dei Tabernacoli Viventi” per la salvezza delle anime. A partire dal messaggio di cui Vera fu l’ispiratrice, in Italia in questi anni si sono formati gruppi composti da persone che hanno scelto di approfondire il Mistero dell’Eucaristia e di conformare la propria vita spirituale e la propria attività apostolica in relazione alla chiamata ricevuta. Nel 50° del primo messaggio riportato da Vera, questo volume, curato dal “Centro studi Opera Tabernacoli Viventi” pubblica in edizione integrale i suoi 13 quaderni manoscritti.

La sacramentalità della parola

È appena uscito, per i tipi della Queriniana, un libro scritto da don Andrea Bozzolo, SDB, e da padre Marco Pavan, intitolato “La sacramentalità della Parola”. Il titolo riprende un’espressione presente nell’Esortazione apostolica Verbum Domini, che costituisce il frutto di un lungo cammino di ripensamento del rapporto tra Parola e Liturgia.

Carteggio Rosmini – Don Bosco

«Ella – proseguì Don Bosco rivolgendosi al secondo – avrà la classe dei più dissipati!». Ad Antonio Rosmini, scrive nelle Memorie biografiche di Son Giovanni Bosco il suo primo biografo, il salesiano Giovanni Battista Lemoyne, Don Bosco affidò «la classe dei più dissipati» e dopo ascoltando i suoi discorsi, rimase molto impressionato dalla sua capacità di dare “spiegazioni così sode e tuttavia molto adatte all’intelligenza dei giovani”. Lo pregò quindi di tener loro anche dopo i vespri un “sermoncino”. A cose fatte Don Bosco decise di informarsi su chi fossero i due visitatori e, saputo che uno dei due era l’abate Rosmini “sorpreso esclamò: L’Abate Rosmini! il filosofo!” “Oh? Il filosofo!”, rispose sorridendo Rosmini. “Un personaggio di tanto grido – continuava Don Bosco – colui che scrisse tanti libri di filosofia!”. “Eh, sì; scrissi qualche libro!”, rispose Rosmini. E Don Bosco, soggiunse: “Allora non mi stupisco più se lei ha fatto il catechismo tanto bene e con tanto sugo”. Ecco l’incipit di quella che si rivelerà una grande storia di amicizia e simpatia, cominciata a Torino tra il 1836 e il 1845 e mai interrotta, tra San Giovanni Bosco, il beato Antonio Rosmini e tra Rosminiani e Salesiani.

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