Croazia – Un prete all’“Ultra Festival”. Per dare Acqua Viva

(ANS – Spalato) – Cosa ci faceva un Salesiano sacerdote all’“Ultra Europe Music Festival” (Spalato – 13-19 luglio), il principale festival di musica dance, elettronica e house – una sorta di Woodstock del XXI secolo? A rispondere è lui stesso, don Damir Stojič, Salesiano nato a Toronto, in Canada, ma appartenente all’Ispettoria della Croazia.

Come sei arrivato ad Ultra? Come ti sei sentito ad Ultra? È un posto adatto ad un prete? Sono domande che mi sono state rivolte da un gran numero di persone – credenti, appassionati di musica, giornalisti… Sì, sono andato al festival Ultra, come ho fatto anche l’anno scorso, insieme a circa 50 giovani volontari di tutto il paese. Nel Vangelo vediamo che anche a Gesù posero domande simili e lui rispondeva per parabole. Io voglio rispondere con 3 storie, perché le storie sono più convincenti delle teorie.

La prima: noto una ragazza seduta da sola sulla strada, come abbandonata. Mi avvicino, scopro che si chiama Bethany, è irlandese, è sola e sta male. Le porto dell’acqua, la prendo sotto braccio e l’accompagno verso la tenda dei soccorsi, dove si prendono cura di lei.

La seconda: 5 ragazzi ebrei venuti da Israele si fermano a bere acqua con noi. Quando notano che sono un sacerdote mi chiedono se credo che gli Ebrei sono ancora il popolo eletto. Rispondo di sì, perché Dio non tradisce la sua parola. Mi fanno domande sulla Storia della Salvezza di Israele e sebbene confonda il nome di due importanti figure bibliche femminili, sono soddisfatti delle mie risposte. Alla fine, prima di salutarci, recitiamo insieme in ebraico la celebre preghiera “Shemà Israel” e uno di loro m’invita ad andare un giorno in Israele, che dice essere la mia patria.

La terza: un ragazzo italiano viene da me, mi bacia la mani, mi abbraccia e mi ringrazia per essere lì. Gli faccio il segno di una croce sulla fronte e poi prosegue. Ce ne sono stati molti altri di episodi come questo.

Papa Francesco ci chiede di uscire da monasteri e sacrestie per creare la cosiddetta “cultura dell’incontro”. Per me questo significa stare dove sono i giovani. Ad Ultra non abbiamo insegnato la dottrina, ma l’abbiamo messa in pratica: abbiamo dato da bere acqua agli assetati. Alcuni hanno ringraziato, alcuni no. Alcuni si sono fermati, altri no. Con alcuni abbiamo anche pregato.

Esperienze negative? Sì, due. Il vento della Bora e alcuni media, perché entrambi gettavano polvere negli occhi e ostacolavano il nostro lavoro.

Infine: è Ultra un posto adatto ad un prete? Ricordo l’episodio di Gesù al pozzo con la Samaritana. Oggi per noi Occidentali non è un problema, ma all’epoca era qualcosa d’impensabile e offensivo, eppure Gesù ruppe ogni tabù e aspettativa sociale per dare alla Samaritana l’Acqua Viva. Questo è il motivo per cui sono andato ad Ultra.

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