Kenya – Il sig. Marino Bois, SDB: un simbolo internazionale della formazione professionale salesiana

(ANS – Elobehid) – I sessant’anni di vita missionaria del sig. Marino Bois, salesiano coadiutore originario della Valle d’Aosta, in Italia, sono un percorso straordinario, ricco e intenso, nel mondo della formazione professionale salesiana. Nato nel 1942 in Valgrisenche, dopo aver conseguito gli studi per diventare salesiano, fin da subito si rese disponibile per partire in missione, passando alcuni anni nella scuola per i maestri tecnici del Rebaudengo a Torino.

In quel periodo c’era gran fervore per le missioni. Racconta il sig. Bois che “numerosi missionari ci raccontavano delle attività che seguivano in terra di missione. Molti tra i miei compagni fecero domande per partire, era possibile richiedere dove poter andare, ma l’ultima decisione era dei superiori, in base alle necessità concrete sul campo. Io ero fra i tre che avevano scelto di andare in Corea, ma poi nessun mi chiamò, quindi pensai che la mia missione fosse in Italia. Alla fine dell’anno ricevetti la lettera dal Rettor Maggiore. Mi chiesero se fossi ancora disponibile a partire, io risposi di sì e andai subito davanti alla mia chiesa, la porta era chiusa, ma pregai lo stesso davanti alla facciata per ringraziare il Signore che mi aveva aperto le porte alle missioni”.

Era il 1963 quando Marino Bois fece i bagagli per la Corea, facendo però prima scalo a Mumbai, in India, dove vivevano due sue zie partite giovanissime dalle Valle d’Aosta – due persone che hanno dato tutta la loro vita per le missioni, si occupavano di educazione e istruzione per le giovani ragazze indiane. “Da lì presi il mio primo aereo, aveva ancora le eliche, non era del tutto pressurizzato, mi ricordo che mi facevano male le orecchie dopo qualche ora. L’obiettivo della missione era gestire una grossa scuola tecnica professionale, in un Paese che ancora faceva fatica a risollevarsi dopo il disastro della guerra tra Nord e Sud (1950-1953) e il regime militare.”

Dopo diversi anni in estremo oriente, il suo percorso missionario lo fece approdare in Africa, precisamente in Guinea Conkary, a Kankan. Dopo 20 anni di comunismo e maoismo la nazione era arrivata al disastro assoluto. Dopo il regime, il neoeletto Presidente del Paese, musulmano, chiese al Papa di inviare nuovamente i missionari che erano stati cacciati precedentemente e di fondare una scuola professionale. Il sig. Bois fece parte del primo gruppo dei missionari che avviarono quella missione.

“Alla partenza, avevo a disposizione 20mila dollari, dono dei benefattori coreani – racconta –. La somma era piccola per l’ambizioso progetto di fondare una scuola professionale. Divenni ‘frate mendicante’ e passai nelle principali scuole di meccanica del Piemonte chiedendo aiuto. Mi aprirono i magazzini delle cose che potevano essere utili in futuro e ho trovato molte cose che avevo in lista per il nuovo laboratorio. Finita questa prima fase, passai nei negozi di utensileria e macchine di seconda mano. Potei trovare il necessario per soddisfare la lista del materiale necessario. Nel frattempo, la Provvidenza aveva fatto gonfiare i 20 mila in modo che fu possibile acquistare tutto ciò che mi sembrava necessario. Un ex allievo, che era anche stato mio insegnante, mi mise in contatto con un’azienda che vendeva barre di acciaio. Il proprietario ci aiutò moltissimo. Fu davvero un aiuto provvidenziale. Mi rimaneva una settimana e avevo 3 container da riempire. Chiamai in aiuto mio fratello Saverio. Mettendo insieme i sudori, riuscimmo a spedire tutto!”.

Da Torino fecero partire i tre container pieni di macchinari, in un mese riuscì a collegare le macchine e a farle lavorare, per poter poi accogliere il primo gruppi di ragazzi e iniziare i primi corsi di formazione professionale: il villaggio organizzò grandi festeggiamenti per quell’avvenimento.

Tutto era ben ingranato quando il Consigliere per le Missioni gli inviò una nuova obbedienza: il Sudan. “Ero molto depresso – prosegue ancora il sig. Bois – Andai dal direttore, una santa persona. Vide la lettera e mi disse: ‘Questa è obbedienza, devi andare; la provvidenza penserà a noi’. E così accadde”.

Per il Sudan i superiori gli diedero maggiori risorse. “Gli acquisti e la spedizione funzionarono bene. Fatto i banchi di lavoro e sistemato il laboratorio, andammo nel campo dei rifugiati. Non mi era mai capitato prima di vedere un posto così povero. Abbiamo trovato 20 giovani con un grande desiderio di imparare e cominciammo la scuola. Venne anche il vescovo di Khartoum per l’inaugurazione. Sembrava un sogno”.

Passati due anni, secondo gli accordi, tornò alla missione in Corea, mentre un altro coadiutore, Giacomo Comino, si rivelò l’uomo ideale per far crescere l’opera in Sudan.

È tornato poi in Corea del Sud e ha servito, sempre seguendo la Formazione Professionale salesiana, per diversi anni anche in altre realtà dell’Asia. Quindi è stato mandato in Kenya, a Elobehid, e negli ultimi anni ha collaborato di nuovo con i salesiani del Sudan per riparare molte delle macchine da lui portate tanto tempo prima, che ora sentono il passare del tempo. Mentre era di nuovo in Kenya per una pausa, in Sudan è scoppiata la guerra; adesso gli è impossibile ritornare, ma appena le condizioni lo permetteranno, conta di tornare in quel Paese per completare il lavoro.

La sua è una vocazione missionaria straordinaria, che ancora oggi, all’età di 81 anni, non è svanita, anzi.

Per ulteriori informazioni su di lui e le sue esperienze missionarie, visitare il sito: www.missionidonbosco.it 

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