Venezuela – Il Salesiano più anziano della Congregazione compie 107 anni: don Giuseppe “José” Berno

02 Marzo 2018

(ANS – Caracas) – Nel 1911 venne varato il Titanic, l’Italia dichiarò guerra all’Impero Ottomano e Guglielmo Marconi registrava un nuovo record di propagazione delle onde radio inviando un messaggio dall’Italia al Canada. Tutta un’altra epoca. Ma nel 1911 nasceva anche a Riese (oggi Riese Pio X, in onore del suo più illustre concittadino) Giuseppe Berno. Mamma Antonia scelse il nome: “si chiamerà Bepi, come il Papa (Giuseppe Sarto, Pio X per l’appunto, all’epoca regnante, NdR), perché voglio che questo mio figlio sia prete, come lui”. E in effetti il piccolo Giuseppe diventerà prete e salesiano e pochi giorni fa ha festeggiato, da Salesiano più anziano della Congregazione, il suo 107° compleanno.

La storia salesiana di don Berno iniziò dapprima a Legnano e proseguì poi a Trento, con i primi anni di formazione e di preparazione fino al noviziato. Non era ancora scoppiata la Grande Depressione che lui, emettendo la sua prima professione religiosa a Este, il 1° settembre 1929, entrava nella Congregazione Salesiana; e in quello stesso anno, appena diciottenne, chiedeva di poter partire come giovane missionario per il Venezuela, quel paese che sarebbe diventato la sua seconda patria.

Emise i voti perpetui l’11 settembre 1932, venne ordinato diacono nel 1937 e nel 1938, il 30 ottobre, festa di Cristo Re, venne ordinato sacerdote a La Vega-Caracas, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di mons. Luigi Centoz, all’epoca Nunzio Apostolico nel Paese.

Nel 1961, quando Jurij Gagarin diventava il primo uomo ad andare nello Spazio, lui aveva già 50 anni e venne invitato dall’allora Vicario Apostolico dell’Amazzonia e dell’Alto Orinoco, mons. Segundo García, ad una nuova sfida: lavorare come missionario in quelle terre. Accettò subito e incondizionatamente.

I primi sette anni li passò a Puerto Ayacucho, la sede episcopale e capitale dell’Amazzonia venezuelana. Lì fu pro-vicario, monsignore e direttore dell’opera salesiana: nel 1967 insieme con due grandi missionari, don Cocco e don Bonvecchio, si addentrò nella foresta vergine dell’Amazzonia venezuelana e lì vi rimase ininterrottamente per 20 anni: prima a Mavaca, poi ad Ocamo quindi a El Planatal.

“Solo Dio e Maria Ausiliatrice – ha scritto un suo exallievo – conoscono la vita di privazioni e di sacrifici di un missionario, specialmente quando si fa il primo viaggio di esplorazione, il primo contatto con le differenti tribù: i Guaikos, poi chiamati Yanomami, gli Yekuanas, i Makiritare e anche altre tribù già in contatto con l’uomo bianco come i Guajibos, i Piaroa...”

Venne chiamato a percorrere la selva ostile, i pericolosi fiumi in piena, i mille e mille canali naturali d’acqua nella selva dagli acquazzoni tropicali. Seppe stabilire contatti umani d’incontro, d’accettazione e di vincolo con tribù ed etnie dalle lingue incomprensibili e dagli usi e costumi contrari ai propri, convisse insieme ad esse in umiltà e semplicità, fu in grado di farsi tutto a tutti, come diceva San Paolo, per cercare di attrarre qualcuno alla proposta del Vangelo.

Don Berno è famoso anche per sue carte geografiche dell’Alto Orinoco, per lo studio delle lingue autoctone, per l’interpretazione dei segni e dei suoni di quelle culture. Anche da questo punto di vista è un esperto citato da numerosi studiosi e antropologi di tutto il mondo.

Nel 1987, a 76 anni, tornò a Puerto Ayacucho, Sede del Vicariato Apostolico, e lì ha servito come vice-parroco dal 1990 al 2009, finché, alle soglie dei 100 anni, non è stato trasferito Caracas.

La sua vita è una testimonianza di fedeltà e generosa dedizione al servizio di Dio e degli uomini.

Sabato scorso, 24 febbraio, don Berno ha festeggiato 107 anni di vita, 89 da missionario in Venezuela, 86 di professione religiosa perpetua e 80 da sacerdote.

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