Com'era la sua famiglia?
Mio padre lavorava nella farmacia di un ospedale. Dato che il suo stipendio non era sufficiente, quando sono nato mia madre ha aperto un negozio. Poi altri cinque. Quando morì scoprii che molte signore non andavano a comprare vestiti ma a chiedere consiglio. Una mi disse che era come un confessionale. Come mio padre, era molto prudente e attenta e non ci diceva niente.
Essere stato eletto Rettore Maggiore, poche settimane fa, le avrà cambiato la vita. Cosa ha pensato in quei primi momenti?
Migliaia di cose. La sera del 24 marzo mi è stato comunicato che il mio era uno dei nomi in lizza per diventare Rettore Maggiore, e il 25 mattina mi è stato comunicato che ero stato eletto e che dovevo prendere un treno da Roma a Torino, dove si stava celebrando il Capitolo Generale.
Don Fabio, come è nata la chiamata di Dio nella tua vita?
Credo che tutto sia iniziato quando ero un bambino, vedendo un sacerdote. Era una persona totalmente donata, con una personalità interessante, intelligente, con una testa molto vivace, con idee e capacità di fare una lettura critica della realtà. È ancora vivo. Era salesiano e divenne diocesano, ma ha continuato a incarnare il sistema salesiano. È stato il mio primo modello. Ma non è stato tutto automatico.
E come si è andata e continua a svilupparsi la sua vocazione?
Sono nato in una famiglia molto bella. Siamo sette fratelli e i miei genitori si sono dedicati a noi con tutte le loro energie. Per me il modello di famiglia è molto bello. Ho pensato di sposarmi, almeno in prospettiva, quando avevo 14 o 15 anni e poi di nuovo a 21, 22 anni, mentre studiavo teologia. Non sono stati momenti difficili, ma di discernimento. Vidi che abbandonarmi al Signore non era rinunciare, ma scegliere un modo di vivere la paternità che Lui mi chiedeva: quello di essere padre di tanti giovani.
Fonte: Salesiani del Perù
