La Conferenza Nazionale dei Giovani Cattolici
Primo papa americano della storia, il cittadino di Chicago Robert Francis Prevost, Leone XIV si è rivolto a circa 15.000 giovani di età compresa tra 14 e 18 anni. Negli anni precedenti, Papa Francesco aveva inviato messaggi video ai partecipanti all’NCYC, ma questa è stata la prima volta in cui un Papa ha interagito direttamente con i giovani negli Stati Uniti durante una sessione di domande e risposte in diretta web.
Come era stato notato durante la conferenza stampa di presentazione dell’evento, il 12 novembre, il dialogo con il Papa “dimostra che la Chiesa ascolta, non si limita a parlare. Questo incontro non è un evento mediatico, è un momento sinodale in cui una Chiesa universale cammina con la gioventù ecclesiale degli Stati Uniti”.
Il percorso di Ezequiel Ponce
Da parte sua il giovane Ezequiel Ponce ha raccontato, prima dell’evento, i suoi sentimenti per l’essere stato scelto a ricoprire questo ruolo: “Sono stato estasiato. Ricordo che ero a scuola quando ho ricevuto l’email e sono rimasto a bocca aperta, non riuscivo a pensare ad altro”.
D’altra parte, quando gli organizzatori dell’NCYC hanno chiesto a JC Montenegro, Coordinatore della Pastorale Giovanile della chiesa salesiana di Bellflower, il nome di un adolescente che potesse aiutare a capire quali domande porre al Papa, quello di Ezequiel è stato il primo nome a venirgli in mente.
“Anche in giovane età, è un vero leader”, ha detto Montenegro riferendosi a Ponce. “È una persona perspicace, impegnata, che combatte con le proprie emozioni e paure, ma è sempre lì per aiutare gli altri, e penso che questo sia qualcosa di encomiabile”.
Ponce è attivo nella Pastorale Giovanile della sua parrocchia, è Capo Animatore del campo estivo “Camp Savio”, e pensa di diventare insegnante, mantenendo la curiosità e la spontaneità dei bambini per fare bene questo lavoro.
Il cammino preparatorio all’evento
Per mesi, Ponce ha partecipato a incontri virtuali con circa altri 40 adolescenti in tutto il Paese, discutendo dei problemi che i giovani devono affrontare e delle possibili domande da porre al Papa. I dirigenti dell’NCYC hanno poi avuto il difficile compito di restringere il campo dai 40 adolescenti iniziali ai cinque relatori e tre supplenti finali che avrebbero posto le domande al Papa. E alla fine non solo Ponce è rimasto nella cinquina finalista, ma è anche stato l’unico che a rivolgere ben due domande al Santo Padre.
Incoraggiato dal fatto che il Santo Padre si stesse impegnando in prima persona per dialogare con i giovani, Ponce ha riflettuto a lungo, apprezzando questo slancio del Pontefice, “perché ho la sensazione che i giovani diano per scontato che le altre generazioni ci guardino dall’alto in basso, soprattutto a noi della ‘Gen. Z’, ritenuti solo come quelli alla prese con la tecnologia”.
Ha ragionato su domande inerenti la salute mentale, i social media, “come preghi?”, o il mondo della scuola, perché parlare di questo avrebbe potuto far immedesimare il Papa nella realtà quotidiana in cui vivono i giovani oggi.
La preparazione all’NCYC gli ha fatto emergere anche altre riflessioni interessanti: “Ho compiuto molta strada fin qui, ma tutto il mio impegno di servizio non è stato finalizzato a trarne qualcosa. L’ho fatto perché amo farlo sinceramente, dal profondo del mio cuore”.
E quanto ai suoi coetanei, ha osservato che spesso hanno timore di mostrare interesse verso la Chiesa o la fede: “Hanno anche loro delle domande, ma hanno un po’ paura a farle. Ho la sensazione che se venissero introdotti nella Chiesa com’è capitato a me, attraverso una comunità e l’amore, vedrebbero la passione che c’è nella Chiesa”.
Le sue domande all’evento di Indianapolis
Alla fine, Ponce ha avuto la sua occasione di dialogare con il Papa, e ha esordito: “Ci sono momenti in cui mi sento triste o sopraffatto, anche se prego o cerco di avere fede. Spesso mi dicono di ‘affidare le mie difficoltà a Dio’, ma come posso davvero affidare i miei problemi a Dio e sentire che Lui mi è vicino, anche quando mi sento così?”.
Interrogativo cui il Santo Padre ha risposto sottolineando la vicinanza di Gesù nelle tempeste della vita. Affidarsi a Lui è l’inizio di una relazione autentica: non si consegnano i propri problemi a qualcuno che si conosce appena. “Pensate ai vostri amici più cari. Se stessero soffrendo, parlereste con loro, li ascoltereste e restereste loro vicino. Il nostro rapporto con Gesù è simile”, ha spiegato.
Ancora, Ponce ha approfondito i problemi della salute mentale e della solitudine: “A volte mi sento perso, ma ho paura di parlarne perché penso che gli altri non capiscano davvero come mi sento. Quali gesti o parole possiamo adottare per comunicare meglio e aiutare gli altri a capirci appieno?”.
E in questo caso il Pontefice ha risposto: “Nel mio tempo trascorso con i giovani ho visto come portiate gioie e speranze autentiche, ma anche difficoltà e fardelli pesanti”. Dio si fa tuttavia sempre vicino, anche tramite le persone che mette sul nostro cammino. “Quando trovate qualcuno di cui vi fidate veramente, non abbiate paura di aprire il vostro cuore. È molto importante avere fiducia autentica, ma quando la avete sappiate che loro potranno aiutarvi a capire cosa state provando e sostenervi lungo il cammino. È anche importante pregare per ricevere il dono di amici sinceri. Un vero amico non è solo qualcuno con cui è piacevole stare insieme – anche se questo è un aspetto positivo – ma qualcuno che ti aiuta ad avvicinarti a Gesù e ti incoraggia a diventare una persona migliore”.
Fonti: Angelus News, Vatican News
